L'edificio è firmato da Foster. Alto 150 metri, racchiude piscina, orto botanico e campo da minigolf. Ultima eccentricità della nuova capitale kazaka e del presidente Nazarbayev.
Una tenda di 100 metri, che salgono a 150 con il palo, inclinato, attorno alla quale è costruita. Si chiama Khan Shatyr e viene descritta come "la più alta tenda del mondo". Il "re", secondo i costruttori turchi che hanno appena finito di costruirla, ad Astana, la capitale, adolescente e ambiziosa, del Kazakhstan, dove è stata inaugurata ieri, in occasione del 70mo compleanno del presidente a vita Nazarbayev. Khan Shatyr ospiterà una piccola stazione balneare indoor: piscina, spiaggia, cascate, giardino botanico con tanto di cascate artificiali. Il tutto per concedere agli abitanti della città che vuole diventare metropoli lo sfizio di un bagno tropicale, anche quando all'esterno, nella gelida steppa transcaucasica, il termometro scende a quote prossime ai 40 sotto zero. Merito di un tetto di plastica, trasparente alla luce ma impermeabile rispetto agli agenti atmosferici, che si presenta come un capolavoro assoluto di ingegneria. D'altra parte, la mano che si nasconde dietro a Khan Shatyr è quella, top class, dell'archistar britannica Norman Foster.
E' l'ultima nata, ma non l'ultima, delle grandi opere che stanno cambiando i connotati della città, da quando, nel 1997, Nazarbayev ha attributo alla piccola, e non particolarmente significativa località agricola, i galloni di capitale del Paese, sottraendoli ad Almaty. Le motivazioni ufficiali: spostare il centro amministrativo del paese nel suo cuore geografico, per rivitalizzare in modo più efficace e rapido un'economia tormentata dallo stallo sovietico, allontanandolo nello stesso tempo dal confine cinese, e da zone sismicamente più a rischio. Quelle nascoste, ma non troppo: trasformare una località secondaria nella San Pietroburgo dell'Asia Centrale, una capitale costruita dal nulla a immagine e somiglianza del monocratico leader, già allora al timone del Paese da 5 anni. Sino a quel momento, infatti, la ex Tselinograd era poco più che un villaggio di provincia, noto soprattutto per la "Campagna delle terre vergini" che, proprio da lì, Krusciov lanciò, negli anni '50, per promuovere la coltivazione di massa di vaste aree di steppa dell'Asia Centrale sovietica.
E' l'ultima nata, ma non l'ultima, delle grandi opere che stanno cambiando i connotati della città, da quando, nel 1997, Nazarbayev ha attributo alla piccola, e non particolarmente significativa località agricola, i galloni di capitale del Paese, sottraendoli ad Almaty. Le motivazioni ufficiali: spostare il centro amministrativo del paese nel suo cuore geografico, per rivitalizzare in modo più efficace e rapido un'economia tormentata dallo stallo sovietico, allontanandolo nello stesso tempo dal confine cinese, e da zone sismicamente più a rischio. Quelle nascoste, ma non troppo: trasformare una località secondaria nella San Pietroburgo dell'Asia Centrale, una capitale costruita dal nulla a immagine e somiglianza del monocratico leader, già allora al timone del Paese da 5 anni. Sino a quel momento, infatti, la ex Tselinograd era poco più che un villaggio di provincia, noto soprattutto per la "Campagna delle terre vergini" che, proprio da lì, Krusciov lanciò, negli anni '50, per promuovere la coltivazione di massa di vaste aree di steppa dell'Asia Centrale sovietica.
Una riconversione costata, finora, 10 miliardi di euro. E dalla sua promozione a prima città kazaka, Astana ha conosciuto un incremento demografico eclatante, triplicando la popolazione fino agli attuali 750 mila abitanti, che si sitma diventeranno 1,2 milioni nel 2030. L'età media della popolazione, 30 anni, è sintomo di una città in trasformazione e crescita, capace di garantire lavoro e stipendi dell'ordine dei 6-700 euro mensili, impensabili nelle aree limitrofe. I lavoratori arrivano soprattutto dall'Uzbekistan, dove i salari sono appena un quarto. Anche se poi sono costretti a fare i conti con affitti elevati, oltre alla necessità di mandare gran parte del salario a casa, con il risultato di ritrovarsi a vivere, accatastati, in quartieri assimilabili a slum.
Ma la città non si ferma. Complice una campagna di immagine che ha fatto della neocapitale un marchio (quale altra capitale del mondo partecipa con una squadra a proprio nome al Giro d'Italia e al Tour de France...?), comincia ad attirare visitatori anche oltreconfine. Tanto che alcuni dei suoi monumenti hanno già i soprannomi di rito. La torre Baiterek, per la sua particolare forma, un grande contenitore cilindrico, alla cui sommità è riposta una immensa sfera è diventata il "chupa-chupa", mentre le due torri simmetriche e convergenti che fanno da cornice ideale al futuristico downtown prendono il nome di una popolare marca di sigarette russa. E non è finita: in giro per Astana si vedono già esperti di acustca italiani. Ci sono settori in cui, fortunatamtente, il grande prestigio della nostra cultura e della nostra storia sono ancora intatti. Per costruire il futuro teatro dell'opera da 1200 posti, Nazarbayev e il suo estabilishment hanno pensato di chiedere aiuto nel Paese della Scala di Milano e del San Carlo di Napoli, delle estati di lirica all'Arena di Verona o a Caracalla.
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fonte: repubblica viaggi
fonte: repubblica viaggi
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